La Fondazione Giorgio Griffa inaugura il suo nuovo spazio pubblico a Torino con INSIDE.
Curata da Sébastien Delot, la mostra collega storie e opere di sette artisti che lavorano da anni nello stesso edificio della Fondazione: Marco Gastini, Giorgio Griffa, Luigi Mainolfi, Nunzio, Elisa Sighicelli, Grazia Toderi e Gilberto Zorio.
Un percorso che intreccia visioni e linguaggi, rivelando l'identità quasi ignota di un luogo unico per l'arte contemporanea: quell' "isola/isolato", ex edificio industriale Michelin di Via Oropa 28, che come scrive il curatore nel suo testo per la mostra «è una piccola SoHo, a due passi dal centro storico di Torino».
Presentazione del curatore
Perché il nostro occhio vede meglio in sogno rispetto a quando siamo svegli?
Marco Gastini, Giorgio Griffa, Grazia Toderi, Luigi Mainolfi, Nunzio, Elisa Sighicelli e Gilberto Zorio hanno in comune l'interesse per i sistemi di rappresentazione e la scrittura del tempo.
È indubbiamente questo il motivo per cui le loro traiettorie individuali hanno quell'energia indeterminata che contribuisce alla costruzione di un'identità collettiva. Un cammino che nell'attraversare lo spazio, i confini, le lingue, i libri sarà irrimediabilmente il più breve.
Concepito come una camera di risonanza. Due opere di Giorgio Griffa dialogano con tutti gli artisti. Pensiamo alle intuizioni di Gilberto Zorio come filo conduttore della mostra: «Energia è la possibilità di colmare un vuoto, la possibilità di svuotare un contenuto, è la possibilità di attraversare presente e futuro, è la possibilità di rendere operative le funzioni consce e inconsce della lingua».
In contrappunto, Marco Gastini propone un'immersione nella pittura sviluppando una magica alleanza con la materia. Come lui, Nunzio sperimenta il colore attraverso la combustione superficiale del legno. Elisa Sighicelli ha un approccio scultoreo alla fotografia che non è mai una rappresentazione piatta della realtà, ma un filtro. La città di San Paolo è visibile attraverso la rete che ricopre il Copan, l'iconico edificio di Niemeyer.
L'intelligenza della materia si esprime nelle terrecotte di Luigi Mainolfi che paiono archetipi ereditati da antiche civiltà. La serie di disegni di Grazia Toderi evoca la reminiscenza di un'antica cosmologia che segue il corso delle stelle in un movimento che: «in un momento del tempo, troppo breve per essere misurato, lo spazio girò e si avvolse su se stesso» .
L'esposizione è stata allestita in modo tale da creare un paesaggio in cui ogni artista trova la propria collocazione. Per riprendere le parole della poetessa Etel Adnan: «Dipingere paesaggi. È creare eventi cosmici. Lo spazio che occupa un dipinto – le sue dimensioni proprie – è quello della memoria. Quando chiudiamo gli occhi, i campi più vasti occupano uno schermo interiore di pochi centimetri. Trasponiamo questo schermo su una tela che, a sua volta, restituisce la nostra memoria al mondo esterno.»
Sébastien Delot