Giorgio Griffa in sudio

Giorgio Griffa nel suo studio davanti ad alcune tele del ciclo Segni Primari - foto 

Works

Tredici cicli di lavoro dal 1967 al 2024

Nel 1967-’68 Giorgio Griffa inizia a imprimere le tele con quei segni «che appartengono alla mano di tutti» e che ancora oggi caratterizzano il suo lavoro. Dipinge a terra, con colori acrilici a base d’acqua, su tele grezze e non preparate (iuta, canapa, cotone e lino). Le tele sono poi direttamente fissate al muro, con una serie di minuscoli chiodini sul bordo superiore. Dipinge anche con acquerelli, inchiostri e chine su carte di diversa natura e fattura.



La pittura di Griffa si è sviluppata e ramificata nel corso degli anni, dando origine a tredici cicli di lavoro: tutti hanno un momento di inizio, nessuno ha una fine. Come racconta Giorgio stesso, i cicli coesistono uno accanto all’altro, non sono fasi di progresso o di regresso, bensì semplici variazioni continue del divenire. Alcune opere appartengono a più di un ciclo, poiché i cicli non sono un criterio di classificazione, ma diversi percorsi di lavoro nel grande bosco della pittura, sentieri che talvolta si incrociano e si sovrappongono.

Segni primari

A partire dalla fine del 1967, Griffa dipinge linee, impronte e segni elementari orizzontali, obliqui e verticali. Lo stesso segno si ripete e ricopre parzialmente la tela, creando un ritmo nello spazio e nel tempo, com’è stato fin dai primi percorsi di conoscenza dell’uomo. Il segno diventa strumento di ricerca e riflessione che porta con sé la memoria millenaria del rapporto dell’umanità con il mondo.
Questo ciclo introduce alcune costanti di tutta l’opera successiva: la tela senza telaio, il non finito, un approccio non gerarchico alla pittura e la scelta di segni anonimi, che potrebbero appartenere alla mano di chiunque, piuttosto che alla mano privilegiata dell’artista.

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Contaminazioni

Nel ciclo delle Contaminazioni, che nasce nella seconda metà degli anni ’70, varie comunità di segni primari convivono sulla stessa tela e si relazionano l’uno con l'altro. Emerge qui l’influenza di Matisse, dalle luci e i colori del Mediterraneo, alla ricerca delle "contaminazioni primordiali”, al valore alto attribuito alla decorazione, non concepita come orpello, ma come ritmo e strumento di conoscenza.

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Alter ego

Nel 1979 Griffa realizza un trittico intitolato Riflessione ispirato a Matisse, Klein e Klee. 
È pensato come esperienza singola, invece è solo il primo tassello del ciclo Alter Ego, che si sviluppa nel corso degli anni con opere ispirate a vari altri artisti tra cui Paolo Uccello e Pietro Dorazio, Tintoretto, Joseph Beuys, Vincent Van Gogh, Philip Glass, Dylan Thomas, Agnes Martin, Ezra Pound, Eugenio Montale, ecc…
È un atto d’amore che si porta dietro la consapevole contraddizione di utilizzare proprio le tracce di personalità ben note delle arti (pittura, musica, letteratura, …) del presente o del passato come catalizzatore e strumento di coagulo di segni non autoriali.

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Frammenti

Nel 1980 realizza alcune opere utilizzando frammenti irregolari di stoffa dipinta disposti sulla parete come stelle e costellazioni. Nasce così il ciclo Frammenti che restituisce un’immagine della condizione umana di conoscenza frammentaria del mondo, della nostra limitata comprensione dell'infinita complessità dell’universo. Come in tutta l’opera di Griffa, la forma non è l’obiettivo o il fulcro della ricerca, quanto piuttosto una conseguenza del processo creativo.

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Trasparenze

A dare inizio a questo ciclo è una grande opera di 21 tele ispirata alla complessità inclassificabile di Dioniso, realizzata nel 1980 per la Biennale di Venezia. In questo ciclo i segni si relazionano, moltiplicano, contaminano, si sommano, sottraggono e modificano, attraverso la sovrapposizione delle tele - sono spesso delle “tarlatane” simili al tutù delle ballerine - sfruttando la loro trasparenza. Ad ogni installazione, i lavori di questo ciclo assumono una nuova configurazione, le tele di sovrappongono in maniera sempre differente, adattandosi ed entrando in relazione con lo spazio circostante.

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Segno e campo

L'introduzione di campiture di colore nel corso degli anni ’80 segna l’inizio del ciclo Segno e campo, in cui nuove concentrazioni di energia arricchiscono progressivamente il lavoro ed ampliano le possibilità della pittura. Nascono tele in cui la scansione ritmica dei segni entra in relazione con le campiture, in cui il grande e il piccolo, il pieno e il vuoto convivono in equilibrio, senza la necessità di un particolare disegno compositivo.

Tre linee con arabesco

Negli anni ’90 Griffa fissa la regola che dà il nome al nuovo ciclo, che rappresenta anche il carattere comune che segna ogni opera del ciclo stesso: contenere appunto tre linee e un arabesco. Ne risulta una sorprendente libertà, diversità e varietà.
Per assegnare un’identità specifica a ciascuna opera, Griffa decide di numerarle in ordine cronologico di esecuzione. Entra così per la prima volta il numero nel lavoro di Griffa, non come elemento decorativo, ma nella sua funzione di dare ordine, in questo caso agli individui, ovvero le tele, del ciclo stesso.

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Numerazioni

Nel ciclo Numerazioni, che vede la sua genesi negli anni ’90, l’attenzione si sposta sulla sequenza interna che dà vita ad ogni singolo lavoro: un segno dopo l’altro, ritmo nel tempo e nello spazio. I numeri progressivi segnano in ogni tela del ciclo l’ordine con cui segni e colori sono stati aggiunti al lavoro.

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Canone aureo

Agli inizi degli anni 2000 Griffa concentra la sua attenzione sulla sezione aurea, la divina proporzione, misterioso messaggio di bellezza ed equilibrio nascosto che ritroviamo in natura e nell’arte attraverso i secoli. È sintetizzata nel numero irrazionale 1.61803398874989484820... che procede per sempre nello spazio e nel tempo.
Sfida i confini della nostra ragione e si avvita nell’ignoto, ed è quindi una straordinaria metafora del compito lasciato all’arte figurativa, alla poesia e alla musica fin dai tempi di Orfeo: conoscere l’inconoscibile, dire l'indicibile.

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Shaman

Intorno al 2018, Griffa inizia a esplorare un nuovo sentiero che conduce al mondo nascosto, non attraverso il numero, ma attraverso la parola. Sulle orme dell’antico sciamano che mormora parole incomprensibili, Griffa utilizza sulle tele parole senza identità per aprire una porta verso l’ignoto, ovvero la parte del mondo senza identità definita. Come per lo sciamano, è la ragione a dettare un percorso per andare oltre i suoi stessi confini.

Dilemma

Il ciclo Dilemma nasce in parallelo a Shaman per tenere insieme entrambi i corni del dilemma della filosofia greca classica, così come coesistono nella pittura e nel mondo che essa racconta. E così i due corni dei dilemmi che viviamo nel quotidiano, diventano nei titoli come sulle tele una sola parola: nuovovecchio, soprasotto, davantidietro, bellobrutto, attivopassivo, lucebuio, sempremai. 
È anche una via per accogliere e celebrare le contraddizioni che Griffa riscontra come fondanti della sua pittura: all’attenzione passiva a ciò che accade si associa l’attitudine attiva dell’artista che posa i segni sulla tela, i segni anonimi definiscono una pittura tutt’altro che anonima, il non finito si realizza in opere finite, ecc…

Océanie

Questo ciclo nasce nel 2022 da due tele di Alter Ego dedicate a Océanie la Mer le Ciel di Matisse, che secondo Griffa segnano in modo simbolico il passaggio dall’universo meccanico perfetto di Newton al nostro universo quantistico. L’ordine perfetto ha lasciato il posto a una straordinaria, complessa e inafferrabile bellezza per cui il nostro concetto di perfezione è del tutto inadeguato.

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Disordine

Ultimo nato nel 2023 è un ciclo con cui Griffa riflette sul dare ordine al disordine: fissare il disordine è l’inizio dell’ordine nuovo. Alcune volte l’ordine costruisce un disordine, il quale costruisce un nuovo ordine, il quale costruisce un nuovo disordine, il quale costruisce un nuovo ordine. Anche questa è una rappresentazione del mondo.
Le opere di questo ciclo sono identificate da un gruppo di lettere, simile alla targa delle auto: la prima è AA, la seconda AB, e così di seguito.